ROMA E I TAROCCHI: LA CRIPTA DEI CAPPUCCINI DI VIA VENETO

Situata a via Veneto, in una delle strade più famose di Roma, la Cripta dei Cappuccini è un luogo particolare, dove la morte è diventata arte. Questa affermazione potrebbe apparire strana, se non impossibile; ma entrando nella Cripta – formata da una serie di piccole cappelle poste l’una accanto all’altra – la sensazione è di poter assistere alla trasformazione del corpo, da unità vivente a scheletro. Trasformazione che è l’azione fondamentale dell’Arcano XIII o Arcano senza nome: La Morte.

Alla Cripta dei Cappuccini si accede attraverso il Museo omonimo: qui, giacciono i resti di circa quattromila frati. In ogni cappella si nota un pavimento in terra battuta, proveniente da Gerusalemme, dove sono sepolte le salme più recenti, contrassegnate dalle croci; poi, a seconda della dedicazione, ogni cappella presenta una sua caratteristica: c’è quella dei bacini, dove queste ossa sono state usate per creare delle architetture; oppure quella dei teschi, finanche ai rosoni che sono posti al soffitto o alle lanterne, tutte costruite con ossa. Nel progetto della Cripta però, non c’è spazio per il gusto del macabro, bensì per la riflessione sulla caducità della vita e dell’inutilità della corsa alle cose materiali.

La Cappella dei Teschi photo @Museo dei Frati Cappuccini di Roma

Sebbene venga simboleggiata differentemente su ogni mazzo, a volte come scheletro, a volte come figura vestita di nero, a volte come un cadavere a cavallo, la Morte ricopre sempre lo stesso ruolo: quello cioè, della Mietitrice, di colei che non bada alla ricchezza o al ceto di coloro che viene a prendere, facendo il suo lavoro con equità, senza distinzione tra ricchi e poveri, vecchi e giovani, re e servi.

In tempi più moderni Totò scrisse ‘A livella, poesia dedicata all’uguaglianza di fronte alla morte, dove il marchese e il netturbino valgono lo stesso, e non esiste denaro o ricchezza in grado di distinguere tra i defunti, o addirittura dissuadere la Morte dal suo passaggio. Davanti a lei, siamo tutti uguali.

Per comprendere il profondo significato di trasformazione simboleggiato da questa Carta, basta osservare la foto che segue questo paragrafo. Lo scheletro, che appartiene a una principessa Borghese, sorregge una falce e una bilancia. Pesa cioè le nostre azioni, come il dio egizio Anubis, per poi pareggiare i conti: la bilancia deve essere in equilibrio, quindi ogni azione sarà valutata attentamente. La simbologia del peso sarà poi ripresa nella carta della Giustizia, l’Arcano VIII.

Photo @Museo dei frati Cappuccini di Roma

In realtà, La Morte dei Tarocchi non vuole significare la dipartita fisica, bensì la trasformazione, il passaggio, laddove per rinascere a nuova vita bisogna prima morire, abbandonando l’esistenza precedente e le sue certezze. Nei Tarocchi di Marsiglia, la Morte è raffigurata come uno scheletro dove si notano il cranio bendato (le bende impedivano l’apertura della bocca del cadavere), le articolazioni in rosso e la spina dorsale, il braccio sinistro e la tibia destra in azzurro. Colori che si ritrovano nella lama della falce, che come da tradizione, la Morte adopera per tagliare, tanto che ai suoi piedi si trovano arti mozzati e anche una testa coronata. Ed è proprio questo verbo – tagliare – uno dei principali significati della Carta. Tagliare, trasformare, lasciar morire qualcosa per rinascere a nuova vita; cambiare, dare un taglio netto; significa anche un radicale cambio di stato.

La Carta ha un significato forte e, se ben aspettata, indica un cambiamento positivo. Se invece le Carte successive saranno critiche, oppure se uscirà rovesciata, allora il suo valore dovrà essere ben ponderato: potrebbero accadere separazioni, episodi molto dolorosi, crisi, rimozioni nel senso psicologico, e in alcuni casi anche episodi di violenza.

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