DELLA MORTE ANNUNCIATA DI MICHELA MURGIA @ di EMYLIÙ SPATARO
Immagine di copertina: @Mauro Biani
Anche i suoi detrattori oggi piangono la morte annunciata di Michela Murgia, come fosse un’incarnazione di forza e coraggio, quasi una dea della vita e della morte.
Come fosse diversa dai comuni mortali. In effetti la sua presenza sui mass-media degli ultimi tempi appare imponente, così come la sua risolutezza di fronte alla sua imminente fine, poteva generare un misto di disagio e sacro timore.
Il suo apparente eroismo nell’affrontare i suoi ultimi mesi di vita con lucidità e consapevolezza, ha reso per molti di noi la rimozione dell’ineluttabilità della morte come una scelta più facile.
Tuttavia la sua stessa scomparsa, annunciata a maggio per un male incurabile all’ultimo stadio, potrebbe essere stata una paradossale rimozione per lei stessa.
Affrontando la sua fine inevitabile con coraggio, ma forse trovando anche conforto nell’ammirazione e nel venerante timore che il mondo provava mentre la si osservava lottare contro il primo tabù dell’umanità: come una sorta di ripetizione ossessiva di quella parola che di solito si tiene lontana dalla nostra mente, quasi a volerla esorcizzare guardandola negli occhi: la morte.
Così diciamo addio a Michela Murgia, dopo il suo calvario rivestito delle sue belle parole piene di vita. Parole delle quali adesso molti si prodigano a citare in ampollosi necrologi, mentre prima le ignoravano per rimozione, appunto, o per partito preso, arrivando persino a dire che lei stava usando la sua malattia per attaccare il governo.
Essendo lei credente e nel contempo laica, scrittrice, drammaturga, giornalista, nonchè femminista, di sinistra, con una famiglia queer. Insomma, una persona interessante e non conforme, che mancherà ai suoi amici e a chi l’apprezzava, ma anche ai suoi nemici.
E “noi” preferiamo pensare che Michela Murgia, con le sue interviste rivelatrici al Corriere della Sera e a Vanity Fair, folgoranti nella sua vitalità, abbia voluto lasciare una traccia indelebile di se al mondo e a tutti noi.
Grazie Michela.
Emyliù Spataro

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